Indagine “Link-Marche”: ricerca e azione sociale per favorire l’inclusione delle persone in condizioni di marginalità e di disagio a cura di David Recchia1
Link è un progetto nazionale che le Acli hanno realizzato grazie al finanziamento concesso dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, attraverso i fondi messi a disposizione dalla legge 383 del 2000. All’interno del progetto è stata realizzata un’inchiesta con questionario allo scopo di approfondire come la crisi economica abbia influito sugli stili di vita e le scelte di consumo degli utenti Acli e delle loro famiglie. Tramite questa indagine il progetto “Link” ha sperimentato una nuova forma di sostegno alle famiglie: registrare in modo sistematico le esigenze per programmare più efficacemente le risposte. L’inchiesta è stata realizzata coinvolgendo le persone che si sono rivolte ai servizi delle Acli. Hanno partecipato individui residenti in 12 regioni italiane: Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana e Veneto. Il sotto-campione di utenti residenti nelle Marche è composto da circa 500 persone mediamente istruite (il 40,6% è in possesso di un diploma di scuola media superiore), donne per il 56,8% e nella maggior parte dei casi coniugate (51,9% - dati non presenti nell’appendice statistica). Il gruppo di rispondenti marchigiani mostra un profilo socio-anagrafico particolare anche considerando la condizione occupazionale: il 51% di essi, infatti, dichiara di essere stabilmente occupato, mentre il 22% circa risulta essere pensionato. Un dato preoccupante riguarda la percentuale dei disoccupati che supera di poco il 20%. Tale cifra, non confrontabile con il dato ufficiale Istat perché frutto di un campionamento e di un calcolo differenti, lascia, tuttavia, intuire che l’utenza Acli potrebbe nascondere, dietro un’apparente normalità, i segni di un impoverimento che sta interessando ormai da qualche anno tutti gli strati della popolazione ed in particolare il ceto medio del nostro Paese. Tale ipotesi viene rafforzata leggendo i valori relativi al reddito familiare netto mensile che per quasi 4 famiglie su 10 non supera i 1000 euro. Le informazioni sin qui commentate “disegnano” un quadro a tinte fosche, che evidenzia delle criticità sia sotto il profilo occupazionale sia sotto il profilo reddituale. Per saperne di più è necessario procedere nel percorso conoscitivo e approfondire l’analisi dei dati raccolti, cercando di individuare con più precisione il gruppo di intervistati che registra condizioni socioeconomiche disagiate. A tal fine è stato costruito un indice di status socioeconomico, incrociando le variabili “occupazione dell’intervistato” e “reddito familiare netto mensile”, tenendo sotto controllo altri indicatori come l’istruzione, il numero dei componenti la famiglia, ecc. (cfr. appendice statistica, graf. 1 e 2). Con il calcolo di tale indice si è potuto disaggregare gli intervistati in tre gruppi/aree sociali distinte: l’area della sicurezza sociale, l’area del rischio e l’area della fragilità. Nell’area della sicurezza sono compresi gli intervistati che associano un buon reddito familiare alla condizione lavorativa di occupato o pensionato e un titolo di studio elevato. I “fragili”, invece, spesso sono dei disoccupati, oppure lavoratori che svolgono lavori rischiosi e malpagati, che vivono in nuclei familiari con redditi bassissimi e/o numerosi. Tra questi due poli si colloca l’area del rischio che è occupata dagli intervistati che possiedono almeno un elemento di fragilità familiare o economico - occupazionale (Cfr. appendice statistica, graf. 3). 1
Coordinatore del Dipartimento Welfare Acli Nazionali
1
Osservando il grafico 3, non sfugge che gran parte del campione (più di 4 persone su 10) mostra un profilo di fragilità. Ma chi sono le persone socialmente fragili? In linea di massima sono spesso donne: circa sette intervistati “fragili” su 10 appartengono al genere femminile (66,7% - cfr. appendice statistica, graf. 4, 5, 6). Un ulteriore tratto peculiare della fragilità sociale sembra essere la cittadinanza: quasi la metà delle persone più deboli è costituita da immigrati stranieri (Cfr. appendice statistica, tab. 1). Poiché nella determinazione dello status sociale di un individuo, la condizione abitativa è una variabile che va tenuta in seria considerazione, soprattutto quando si tratta di soggetti che vivono in case in affitto, un approfondimento specifico è stato condotto su di essa. Per gli italiani, infatti, vivere in affitto quasi mai costituisce una scelta: spesso tale condizione è il frutto dell’impossibilità di acquistare un immobile. Nel campione “Link-Marche”, gli intervistati che pagano una pigione a fine mese sono il 33% del totale, tale cifra non supera il 10% tra gli intervistati sicuri, sale al 36,2% tra le persone a rischio, mentre sfiora il 50% tra gli intervistati socialmente fragili (Cfr. appendice statistica, tab. 2). Date le premesse non stupisce che la non bancabilità sia uno dei tratti peculiari del gruppo dei “fragili”. Approfondendo l’analisi dei dati, infatti, si scopre che questi intervistati hanno maggiori difficoltà ad accedere ai servizi bancari rispetto agli altri afferenti al gruppo delle “persone a rischio” e al gruppo delle “persone sicure”: i “fragili” rinunciano a chiedere un prestito in misura maggiore della media campionaria (42% contro il 22%) perché pensano che non gli verrà concesso; quando lo fanno, ricevono più facilmente un rifiuto da parte della banca (11,6% contro l’8% del campione - cfr. appendice statistica, graf. 7). Le persone “fragili” mostrano, dunque, un’estrema criticità soprattutto sul lato finanziario, che in 4 casi su 10 viene attutita grazie all’apporto della famiglia d’appartenenza: quasi il 40% di esse dichiara di aver chiesto un prestito ad un parente stretto nell’ultimo anno (Cfr. appendice statistica, graf. 8). Tale opzione, naturalmente, non è nella disponibilità di tutti e, comunque, anche quando praticabile, non è sempre sufficiente a mettere al riparo i cittadini dagli effetti della crisi economica in atto. Questa ultima ha avuto, comunque, un effetto trasversale tra i gruppi, per quanto concerne la determinazione della spesa quotidiana: molti intervistati hanno dichiarato che, per far fronte alle diverse emergenze, hanno dovuto ridurre il consumo di beni di prima necessità, andando a ritoccare in negativo le voci di bilancio che riguardano le spese alimentari, in particolar modo per i prodotti più costosi (Cfr. appendice statistica, graf. 9). Tuttavia, anche sul fronte dei consumi, la fragilità sociale marca una differenza negativa: oltre agli alimenti, le persone in questa condizione hanno seguito più delle altre uno stile di consumo volto a ridurre la spesa per i riscaldamenti domestici (+12% rispetto alla media campionaria - cfr. appendice statistica, graf. 10) e hanno registrato una contrazione delle risorse destinate alle visite mediche specialistiche (-15% rispetto alla media campionaria - cfr. appendice statistica, graf. 11). In conclusione, i dati rilevati con l’indagine “Link-Marche” mostrano una situazione che pone molte persone in bilico tra una condizione di sussistenza e una condizione di povertà più o meno grave, dove anche l’evento avverso più banale può determinare lo slittamento progressivo verso la gabbia dell’indigenza. In generale, tutti gli intervistati sembrano essere stati colpiti dalla crisi economica, ma in modi differenti: fatta eccezione per i beni cosiddetti voluttuari, la riduzione dei consumi colpisce in special modo i soggetti “fragili”, ossia persone che assommano ad una condizione occupazionale disagiata anche un reddito familiare piuttosto basso. Questi soggetti sono esclusi dai normali circuiti del credito e, pur trovando di frequente nella famiglia un valido ammortizzatore sociale per affrontare il triste momento di crisi, sempre 2
più spesso devono applicare strategie di riduzione dei consumi drastiche, che purtroppo non sempre si rivelano efficaci antidoti anti povertà: sono molti, troppi, gli intervistati “deboli” che hanno ammesso di aver saltato il pagamento della bolletta elettrica o di una rata di un prestito (Cfr. appendice statistica, graf. 12, 13).
Appendice statistica Graf 1 - Occupazione
Graf. 2 - Reddito mensile familiare
3
Graf. 3 - Indice di status socioeconomico
Caratteristiche sociodemografiche dell’indice di status Graf 4 - Area della fragilità secondo il genere
4
Graf. 5 - Area del rischio secondo il genere
Graf 6 - Area della sicurezza secondo il genere
5
I tratti peculiari della fragilità socioeconomica Graf. 7 - Bancabilità degli intervistati fragili: un confronto con la media campionaria
Graf. 8 - Richiesta di un aiuto economico alla famiglia
6
Consumi: un confronto tra i gruppi Graf. 9 - Riduzione dell’acquisto di prodotti alimentari costosi: un confronto tra i gruppi
Graf. 10 - Percentuale di intervistati che ha ridotto la spesa per riscaldamento: un confronto tra i gruppi (scarti dalla media 53,7%)
15,0
area della fragilità 12,7
area del rischio
area della sicurezza
10,0 5,0 0,0 -5,0 -5,1 -10,0 -15,0
-12,8
7
Graf. 11 - Percentuale di intervistati che ha speso più denaro rispetto all’anno precedente per prestazioni mediche: un confronto tra i gruppi (scarti dalla media 60%)
I rischi della fragilità sociale Graf. 12 - Soggetti fragili che hanno pagato in ritardo le bollette (valore percentuale) 70,0 62,0 60,0 50,0
media 43,2
40,0 30,0 20,0 10,0 0,0 area della fragilità
8
Graf. 13 - Soggetti fragili che hanno pagato in ritardo una rata (valore percentuale)
Tab. 1 - Cittadinanza
status socioeconomico area della fragilità area del rischio area della sicurezza totale
italiana 53,0 69,8 95,6 70,3
cittadinanza straniera 47,0 30,2 4,4 29,7
totale 100 100 100 100
Tab. 2 - Condizione abitativa
status socioeconomico area della fragilità area del rischio area della sicurezza totale
casa di proprietà 26,8 46,6 86,8 50,0
condizione abitativa casa in altra affitto condizione 48,2 25,0 36,2 17,2 9,6 3,5 33,5 16,5
9
totale 100 100 100 100